Introduzione
L’implantologia orale è universalmente riconosciuta come una metodologia clinica sicura e in grado di garantire risultati duraturi nella riabilitazione orale, eppure anche gli impianti incorrere in complicazioni come il rigetto dell’impianto dentale.
Gli impianti sono forse la più grande invenzione odontoiatrica del secolo scorso in quanto hanno rivoluzionato il concetto di riabilitazione protesica.
Il loro inserimento consente, difatti, di fornire protesi fisse ai pazienti edentuli senza coinvolgere la dentatura residua.
L’installazione di un impianto dentale, se eseguita correttamente, porta ad ottimi risultati e ad un miglioramento complessivo dello stato dell’arcata dentale (dove è possibile è sempre meglio che l’inserimento di denti fissi senza impianto)
Ma attenzione, è necessario che il paziente segua sempre alla lettera i consigli dell’odontoiatra nelle fasi successive all’intervento.
Il controllo post-operatorio è importantissimo, poiché possono verificarsi situazioni di discomfort o dolore all’impianto dentale, e più in generale è necessario valutare tutta una serie di fattori che possono determinare il cosiddetto rigetto di un impianto dentale, con conseguente rimozione dello stesso.
Rigetto impianto dentale: è corretto usare questo termine?
Spesso si tende ad utilizzare il termine “rigetto di un impianto dentale” per descrivere l’impossibilità di poter mantenere l’impianto all’interno del cavo orale a causa di complicazioni di varia natura.
Alternativamente si utilizza anche il termine “insuccesso di un impianto dentale”.
Questo può verificarsi nel periodo di tempo successivo all’intervento di installazione (cosa che può avvenire nel breve-medio termine, ossia nell’arco di poche settimane, oppure nel lungo termine, a distanza di mesi, se non di anni dall’intervento).
Possiamo considerare il termine “rigetto” come corretto? In realtà no, e vi spieghiamo subito il perchè:
- parlare di rigetto dell’impianto dentale equivale a sostenere che sussistano le condizioni nelle quali il nostro organismo riconosce l’impianto come un elemento totalmente estraneo e reagisce di conseguenza espellendolo;
- il rigetto può sussistere in presenza di tessuti o organi trapiantati, mentre nel caso di un impianto la cosa è molto diversa;
- consideriamo, difatti, che il materiale usato per la loro realizzazione è il titanio, un metallo inerte e con alto grado di purezza;
- in casi come questi l’organismo non riscontra un’intolleranza ad esso, anzi le cellule ossee tendono proprio ad attaccarsi alla superficie dell’impianto dentale, favorendo quel fenomeno conosciuto come “osteointegrazione”.
Di conseguenza riteniamo che i termini più idonei per descrivere il fenomeno siano fallimento o insuccesso di un impianto dentale;
Il fallimento durante le fasi di osteointegrazione
Abbiamo visto come parlare di rigetto dell’impianto dentale non sia propriamente corretto, anche se sono in molti a sintetizzare con questo termine una condizione di insuccesso.
Per descrivere il fallimento di un impianto dobbiamo analizzare soprattutto le varie fasi di osteointegrazione, con particolare riferimento ai casi nei quali essa non avvenga in maniera ottimale o completa.
Il principio di osteointegrazione degli impianti
La moderna implantologia si basa sul principio dell’osteointegrazione degli impianti, i cui studi biologici risalgono agli anni ‘60 ad opera dei ricercatori italiani Pasqualini e Tramonte.
L’osteointegrazione degli impianti dentali fu definita come un “contatto diretto tra impianto dentale in titanio e osso vivente senza interposizione di tessuti molli”.
In pratica, quando un impianto dentale viene posizionato all’interno dell’osso del paziente, biologicamente parlando si innesca un processo di guarigione dell’osso volto a ridare all’osso la sua forma originaria.
Attraverso processi di riparazione e rimodellamento dell’osso di supporto, l’impianto dentale risulta stabilizzato dall’osso stesso che ci è ricresciuto intorno e può quindi essere sottoposto a carico protesico, immediatamente o dopo intervalli di tempo variabili.
Due elementi da sottolineare sono:
- dal punto di vista istologico si stima che il completamento dell’osteointegrazione e del processo di rimodellamento osseo possa richiedere fino a 12 mesi;
- dal punto di vista clinico si può dire veramente che il “successo” o “l’insuccesso dell’impianto dentale” può essere stabilito definitivamente dopo un follow-up di 5 anni.
Questo perché definire seriamente se un impianto è andato o no incontro ad osteointegrazione è compito arduo da compiere con le sole osservazioni cliniche, visto che l’osteointegrazione è un processo istologico.
Tuttavia, nella gran parte dei casi è possibile valutare l’insuccesso dell’impianto dentale già in fasi precoci, soprattutto valutando la presenza o meno di fattori di rischio locali e generali.
Impianto dentale: complicazioni e fattori di rischio
Tipicamente, il principale fattore di rischio per l’insuccesso o fallimento di un impianto dentale è la placca batterica.
In questi casi in cui il paziente non è attento a mantenere un’accurata igiene orale domiciliare e/o non è costante nei richiami professionali, può accadere che intorno la parte di impianto che sporge dalla gengiva si vadano ad accumulare placca e tartaro.
Il tessuto osseo e mucoso intorno all’impianto vanno progressivamente ad infiammarsi, sanguinare e dolere.
Se poi l’infiammazione non viene risolta, pian piano si assisterà al ritiro delle gengive e dell’osso di supporto, tale che a un certo punto si verificherà una sorta di “rigetto” dell’impianto.
Altri sintomi di possibile rigetto dell’impianto dentale sono:
- difficoltà a masticare;
- gonfiore esteso;
- dolore o mobilità all’impianto dentale;
- drenaggio purulento.
Questi fenomeni sono tecnicamente noti come mucosite e perimplantite.
Altri fattori di rischio locali che portano all’insuccesso di un impianto dentale, sono scarsa densità e/o quantità ossea di supporto, sovraccarico occlusale sull’impianto, rapporto denti/impianti sfavorevole.
Il rigetto dell’impianto dentale (o più correttamente il suo fallimento) si può verificare anche in caso di condizioni sistemiche concomitanti alle fasi di osteointegrazione non risolte o non controllate.
Tra queste rientrano il forte tabagismo, l’ipertensione arteriosa, la malattia parodontale, l’osteoporosi e il diabete non compensato.
Evitare complicazioni ad un impianto dentale con la prevenzione!
Come prevenire quindi tali complicanze e favorire un’osteointegrazione ottimale, scongiurando complicazioni all’impianto dentale?
La prevenzione è fondamentale, così come i controlli periodici.
I pazienti devono essere accurati nella pulizia domiciliare della bocca e sottoporsi con costanza ai richiami di igiene.
Viceversa, il clinico ha la responsabilità di riconoscere ed intercettare precocemente tutti quei sintomi che possono essere indicativi di un futuro rigetto dell’impianto dentale.
Ricordate quindi: gli impianti dentali osteointegrati sono uno strumento indispensabile nel piano terapeutico, ma devono essere intesi come un percorso di collaborazione reciproca tra medico e paziente (abbiamo anche trattato del loro confronto con i ponti dentali).
Prevenzione del fallimento dentale presso lo Studio Falchetti di Roma
Se temete che possano esserci potenziali casi di “rigetto” (ma diciamo più che altro di fallimento o insuccesso) al vostro impianto dentale, non esitate a chiamare lo Studio Falchetti di Roma San Giovanni.
Contattateci per esporre tutti i vostri dubbi: riceverete sempre una risposta soddisfacente e un sorriso rassicurante.
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Laureata con lode in Odontoiatria e Protesi dentaria nel 2007 presso l’Università “Cattolica del Sacro Cuore” di Roma.
È iscritta all’Albo dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Roma n. 5615.
Specializzata in Chirurgia Odontostomatologica nel 2011 presso l’Università “G.D’Annunzio” di Chieti.
Relatrice su metodiche implantari e ricostruttive collabora attivamente presso rinomati studi dentistici.
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